La questione è molto complicata, perché attiene alla sfera delle “urgenze”. Vale per la Francia, ma è valso e potrebbe valere in futuro anche per l’Italia. C’è una sfera, quella delle “urgenze spirituali”, per cui la Messa è l’essenziale. Difficile, a logica, distribuire giudizi sulle reciproche richieste. Di sicuro, Oltralpe rischiano di nemicarsi buona parte dei cattolici.
I cattolici francesi domandano di poter pregare in chiesa. E farlo da casa non ha lo stesso significato. Non serve essere degli esperti di dottrina per saperlo, dal momento che il rito e la comunità rappresentano pilastri fondamentali del mondo cattolico e non. Da una parte quindi risiedono queste richieste e queste sensibilità, dall’altra c’è la statistica sulle positività da Sars-Cov2: la Francia guida la classifica in Europa da qualche settimana, e la situazione non sembra migliorare in maniera sensibile. Emmanuel Macron ha di recente alzato il tiro sul da farsi. Ma i numeri non assecondano le velleità presidenziali. Ad oggi siamo attorno ai 25mila casi al giorno.
Sullo sfondo di tutta questa storia c’è la battaglia che i cattolici francesi stanno combattendo per evitare che la tradizione transalpina scompaia dal contesto politico-culturale. La Francia è una nazione dove il tradizionalismo è sempre stato forte, ma tra la riforma bioetica promossa da Macron e dai suoi e la secolarizzazione cavalcante, con tanto di continui episodi relativi a violenze compiute contro luoghi o simboli della cattolicità, il quadro sembra mutare in direzione progressista ogni giorno che passa. Il clima di base, insomma, non è dei migliori. E questo blocco delle celebrazioni rischia di contribuire alla polarizzazione complessiva.
Per comprendere meglio cosa stia accadendo Oltralpe, abbiamo voluto ascoltare l’opinione di padre Abbe Guy Pagès, che è esperto d’islam e non solo. Il consacrato sembra convinto della mancanza di logica delle scelte delle autorità francesi: “Il 7 novembre – esordisce il sacerdote francese – il Consiglio di Stato ha convalidato il divieto di assistere alla Messa. Tuttavia, questo divieto di culto non ha basi razionali: non solo costituzionalmente è una libertà fondamentale, ma ufficialmente ne rimangono altre. Libertà, come prendere la metropolitana, affollata e inquinata, o affrettarsi ai supermercati (mentre i nostri piccoli commercianti devono fare harakiri)”. Siamo dalle parti delle polemiche che abbiamo osservato anche in Italia: perché la Messa no ed altre eventuali sedi di aggregazione sì?
Poi la questione posta dal sacerdote assume tratti di storicismo: “Ciò che si sta verificando è già successo quando Mosè ha chiesto al Faraone di consentire che il popolo ebraico lasciasse l’Egitto per andare nel deserto ad adorare Dio. Lo Stato moderno – afferma padre Abbe – , come il faraone, non conosce Dio e, per la prima volta dalla Rivoluzione francese, sfida il diritto fondamentale a adorare Dio”. Ecco che arriva il paragone: “Ora, proprio come i cristiani di Abitene durante la persecuzione di Diocleziano preferivano essere condannati a morte partecipando alla Messa proibita, così siamo costretti a scegliere tra adorare Dio e sottomettersi allo Stato. la libertà di culto – chiosa il consacrato – non è negoziabile: la salvezza vale più della salute”.
Come interpretare la situazione, però, alla luce del diritto alla vita, che la cristianità difende sin dal suo concepimento e che la pandemia può minare alla base? Padre Abbe non ha dubbi neppure in questa circostanza: “Il ministro incaricato ad occuparsi dei culti ha cercato di giustificare il divieto di Messa sulla base del fatto che “la vita è più importante di ogni cosa”, ma il primo provvedimento preso durante la reclusione è stato di allungare l’aborto fino alla fine del gravidanza…”. L’esecutivo francese, insomma, sarebbe contraddittorio. E i cattolici, in specie quelli tradizionalisti, non hanno intenzione di rinunciare alle loro “urgenze”.