A presenziare al giuramento dei membri del Tribunale, che saranno chiamati ad ascoltare i testimoni della fama di santità di questo servo di Dio, c’erano i compagni di scuola di Pierangelo, gli amici di sempre, i membri dell’associazione che porta il suo nome e si impegna in attività solidali, famiglie e tanti sacerdoti, che lo hanno incontrato o hanno imparato a conoscerlo dai racconti di mamma Giusy e papà Angelo. Entrambi erano seduti in prima fila, insieme alla figlia minore Sara e al sindaco di Faggiano, il paese della provincia ionica dove Pierangelo viveva. Anna De Vincentis, è stata compagna di liceo di Pierangelo all’Archita di Taranto, la scuola in cui studiarono anche Aldo Moro ed Alessandro Leogrande.
E che ora tra i suoi alunni potrebbe annoverare anche un santo. Un “adolescente santo” e non viceversa, spiega qualche sacerdote che ne ha seguito le vicende. «Era un ragazzo positivo, sempre sorridente. Un ragazzo normale – racconta Anna – per cui la malattia passava in secondo piano rispetto alla fede, all’amore per lo studio. Ricordo
le feste insieme e le pause tra una lezione e l’altra a discutere di filosofia, che era la sua materia preferita. Quello che stupiva di lui era la tranquillità e la positività con cui affrontava il suo dolore». «È un dono di Dio per la nostra diocesi ed in particolare per i giovani – commenta l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro – perché è la dimostrazione che seguendo Dio non si perde niente in gioia, letizia, impegno, curiosità nello studio, nel sapere, nella novità della vita. Tutto questo viene bensì illuminato e rafforzato dall’esperienza di Dio. E poi, contrariamente a quanto si dice, è segno che la nostra gioventù ha un cuore, e che nella giovinezza può avvenire un riscatto utile a tutta la nostra società».
Giusy ed Angelo ascoltano in Brindisi silenzio.
Non commentano. Il volto è teso ma grato. Semplici genitori, che in fondo non comprendono perché proprio a loro un tale dolore ma accettano e si domandano il senso più grande di un’esistenza, quella del figlio, che ha seminato in pochi anni così tanto bene. A chi ricorda loro di Pierangelo alle medie, nei panni di Alfredo in una rivisitazione scolastica della Traviata, sorridono mesti. «Abbiamo il filmino a casa – dicono – ma non abbiamo mai avuto il coraggio di rivederlo». Ecco la straordinarietà della fede che non si trasforma in eroismo. «È proprio interessante l’atteggiamento dei genitori e della famiglia.
Nessuna spinta, nessuna indicazione di protagonismo o sollecitazione ad anticipare il giudizio della Chiesa – commenta a margine Santoro – sono il prototipo di ogni nostra famiglia e la dimostrazione che tra le mura di casa, nell’ordinarietà, può
accadere qualcosa di eccezionale. La loro è la testimonianza della semplicità di chi non ha la presunzione di arrivare alla santità ma si affida ad un progetto più grande, all’amore di Dio e questo è fonte di una pace grandissima ».